Il piccolo Lucas, la pubblicità e la scuola inclusiva

Gioiamo anche noi per la bella storia del piccolo Lucas Warren, il bimbo di un anno nato con sindrome di Down che ha vinto il contest fotografico per diventare il volto della Gerber, la nota azienda americana di prodotti per bambini.

 

Una notizia che ha fatto il giro del mondo, raccogliendo ovunque commenti di grande entusiasmo (leggi qui).

 

Rimaniamo però sconvolti davanti a un’altra notizia di questi giorni, passata decisamente in sordina, che ha per protagonisti negativi alcuni dei più prestigiosi licei italiani, come l’Ennio Quirino Visconti di Roma, il Parini di Milano, il D’Oria di Genova.

 

Nei loro RAV (Rapporti di autovalutazione) pubblicati sul portale “Scuola in chiaro”, per incentivare le iscrizioni, questi istituti si vantano di avere, fra i propri alunni, una bassa percentuale di extracomunitari, niente “figli di portinai” né tantomeno disabili (leggi qui). Parole che ci lasciano di stucco.

 

Abbiamo ribadito più volte che la pubblicità, i suoi modelli e il suo linguaggio possono aiutare a creare una cultura della diversità e ad abbattere i pregiudizi. Accogliamo quindi con favore decisioni coraggiose come quelle della Gerber. Ma quello che più spesso vediamo è una realtà diversa, fatta proprio di scuole dove l’inclusione non esiste e di un mondo del lavoro che respinge le persone con disabilità.

 

Ci piacerebbe insomma che l’entusiasmo dei media per la storia di Lucas si trasformi in indignazione davanti ad atteggiamenti discriminatori come questi e magari in una gioia più grande davanti a storie di autentica inclusione.