Sindrome di Down: dalla diagnosi alla terapia

Si è tenuto a Napoli, lo scorso 20 ottobre, il convegno “Sindrome di Down: dalla diagnosi alla terapia”, presso la Scuola di Medicina e Chirurgia dell’Ateneo federiciano.

 

La mattina è stata dedicata interamente ai percorsi diagnostici in gravidanza. Sono stati affrontati diversi punti di vista: dalle problematiche regionali di accesso alla diagnosi precoce alle diverse tecniche di diagnosi prenatale non invasive nel primo trimestre di gravidanza.

Il pomeriggio, invece, è stato dedicato interamente allo stato dell’arte della ricerca di ipotesi terapeutiche per le persone con sindrome di Down. Sono stati presentati diversi studi: in particolare quello relativo all’utilizzo della metformina e la sua possibilità di ripristinare la dinamica e l’attività mitocondriale in cellule umane con trisomia 21 e quello relativo all’effetto dei polifenoli sulle disfunzioni mitocondriali nella sindrome di Down.

 

CoorDown ha ritenuto importante essere presente patrocinando l’evento e, con un breve intervento, focalizzare il punto di vista delle famiglie. L’interesse per la diagnosi precoce è apparso essere molto forte negli interventi di numerosi relatori e non possiamo nascondere che quando l’approccio assume una sfumatura anche solo leggermente eugenetica desta sempre un certo disagio in chi rappresenta le famiglie di persone con sindrome di Down.

 

CoorDown appoggia la ricerca, anche quella per la diagnosi precoce, perché crede che possa essere uno strumento per meglio accompagnare le famiglie ad “una scelta consapevole” ma allo stesso tempo ritiene che la deriva eugenetica si combatta con una corretta informazione e con il costante lavoro verso una cultura accogliente e solidale. È importante non demonizzare nulla ma andare incontro alla ricerca impegnandosi in una presenza sempre più costante ed efficiente a fianco delle strutture ospedaliere per accompagnarle nei territori ad una corretta e completa informazione delle famiglie che ricevono una diagnosi precoce, facendo percepire la possibilità di una buona qualità di vita in presenza di un’anomalia genetica.

Allo stesso tempo CoorDown riconosce che in medicina il territorio della ricerca sia vastissimo e siano ora inimmaginabili le possibilità future, quindi senza dare illusioni alle famiglie e soprattutto alle persone con sindrome di Down, non possiamo non rispettare il lavoro che tanti ricercatori continuano a fare con serietà e passione nella campo della genetica “cromosomica” e come associazione di genitori e persone con sindrome di Down abbiamo il dovere di rispettare, riconoscere e sostenere nel loro impegno quei ricercatori che continuano a lavorare sulla sindrome di Down.

 

Durante il convegno, e anche dopo, sono emersi rammarichi nella direzione delle Istituzioni per l’esiguità dei fondi messi in campo nell’ambito della diagnostica precoce e nella ricerca delle terapie abilitative e riabilitative delle persone con sindrome, con un chiaro sbilanciamento nei confronti della prima. Da parte nostra ci sentiamo in dovere di spronare ad un più equo indirizzo delle risorse, seppur esigue, verso terapie idonee e possibili a migliorare le condizioni di vita (di queste persone).

Sarebbe (davvero) un errore accusare la ricerca di deriva eugenetica, ma allo stesso tempo negarne il rischio. Tra derive eugenetiche e ricerca c’è un immenso territorio che può essere esplorato e ci auguriamo che i ricercatori vadano in questa direzione avendo come obbiettivo finale il benessere delle persone con sindrome di Down piuttosto che la loro eliminazione prima della nascita.