Decreto lavoro e decreto per l’inclusione e l’accessibilità dei servizi pubblici: occasioni perse. La nostra analisi

Nello scorso mese di marzo abbiamo condiviso con il Ministro Locatelli, la necessità di intervenire su molti aspetti normativi che riguardano le persone con disabilità e qui rinnoviamo la disponibilità di CoorDown, Coordinamento nazionale Associazioni delle persone con sindrome di Down, al dialogo e al confronto. Questo perché, pur valutando positivamente l’attenzione dimostrata dal Ministro per le disabilità On. Locatelli, sulle recentissime disposizioni approvate dal Consiglio dei Ministri riteniamo sia necessario mantenere un atteggiamento critico e dialettico, ma sempre costruttivo. In tal senso CoorDown è interessata a confrontarsi con chiunque ed in qualunque sede, ad iniziare dalle Camere che dovranno intervenire sui due Decreti – senza però accettare soluzioni preconfezionate o rinunciando al dovere preliminare dell’analisi oggettiva e critica, nel supremo ed esclusivo interesse delle persone che rappresentiamo e che vogliamo tutelare nel miglior modo possibile. Non possiamo pertanto esimersi dallo svolgere alcune considerazioni.

Il Consiglio dei Ministri nella sedutadel 1° maggio ha licenziato due provvedimenti che impattano, o dovrebbero impattare, sulle persone con disabilità. Il primo e il più noto alla cronaca è il “decreto – lavoro” (decreto-legge 48/2023, ora all’esame delle Camere). Il secondo, approvato in via preliminare, è lo schema di decreto legislativo che introduce norme relative alla “riqualificazione dei servizi pubblici per l’inclusione e l’accessibilità”.

Il decreto-lavoro è senza dubbio il provvedimento di maggiore ampiezza in quanto ad ambiti investiti e potenziali effetti su aziende e lavoratori, inclusi gli interventi di riduzione della pressione fiscale e di previsione dell’Assegno di inclusione, misura di politica attiva di contrasto alla povertà. Sostituirà il Reddito di Cittadinanza (RdC) restringendo la platea dei potenziali beneficiari, modificando anche i servizi e i percorsi per l’occupazione.

Fra chi potrà ottenere l’Assegno sono teoricamente previsti i nuclei in cui sia presente una persona con disabilità. Tuttavia, i criteri assunti, ancora più rigidi di quelli già discutibili del RdC, portano ragionevolmente a ritenere che i beneficiari fra le persone con disabilità grave saranno un numero irrisorio. Si pensi, solo a titolo di illuminante esempio, che un adulto solo, pur privo di reddito e con ISEE pari a zero, con una disabilità tanto grave da vedersi riconosciuta l’indennità di accompagnamento oltre alla pensione, non potrà mai avere accesso all’Assegno di inclusione. Irrisorio è poi l’importo nel caso viva con un coniuge disoccupato e privo di reddito.

Si è persa l’occasione, ancora una volta, per dare corpo a quella che è una evidenza: la disabilità è un determinante di impoverimento ed è contestuale a molte situazioni di povertà assoluta.

E veniamo alle misure per il lavoro. Gli incentivi previsti a favore di chi assume sono limitati alle sole persone titolari di Assegno di inclusione. E questo fa già comprendere quanto residuale sia il numero delle persone con disabilità che potranno trarne, indirettamente, giovamento.

L’esonero dai contributi previdenziali a carico dell’azienda è diversificato a seconda del tipo di contratto e arriva al massimo a 8.000 euro e per un solo anno. È inoltre previsto un contributo, che appare piuttosto limitato nel tempo e nella misura (massimo 4800 euro per un solo anno), per gli enti che svolgono contemporaneamente mediazione (solo se autorizzati, dunque pochi) per l’assunzione e accompagnamento di lavoratori con disabilità sempre che siano titolari di Assegno di inclusione. Un contributo che, oltre che dai profili applicativi incerti, è del tutto insufficiente a compensare i costi della intermediazione e dell’accompagnamento. Lo sa bene CoorDown, che da qualche anno con risorse proprie svolge questo genere di attività di sostegno e affiancamento.

La misura è poi molto poco convincente soprattutto a fronte della gravità e della particolarità del fenomeno dell’esclusione lavorativa, specialmente delle persone con disabilità intellettiva, relazionale, psichica.

Ci saremmo attesi che un provvedimento di questa portata aumentasse lo stanziamento del Fondo per il collocamento mirato (legge 68/1999) che prevede significativi incentivi per l’assunzione di persone con disabilità e di durata variabile dai 36 ai 60 mesi. Purtroppo, da anni si assiste al ripetersi del medesimo quadro: prima della metà dell’anno il Fondo assegnato ad INPS è già esaurito e le relative richieste di incentivo rimangono pendenti. A questo si aggiungano i ritardi a livello ministeriale nell’assegnazione del fondo per l’anno di competenza. Il che contribuisce a produrre effetti nefasti sul ricorso agli incentivi e sugli effetti che questo provoca.

Basta leggere l’ultima relazione della Corte dei conti (Deliberazione 11 maggio 2022, n. 9), che in modo puntuale ma inclemente evidenzia i fallimenti nella gestione di quel Fondo, per desumere l’esigenza di un intervento prima straordinario e poi strutturale. Un dato per tutti: nel 2021 le persone con disabilità intellettiva e psichica assunte con incentivi sono state 351, cifra per di più in calo rispetto a quella già preoccupante del 2016 (776). (dato Corte dei conti).

Quanto ai servizi di accompagnamento e affiancamento al lavoro, oltre alle perplessità già espresse, vogliamo ricordare che sono già indicati nella stessa legge 68/1999. Si tratta di servizi che già potrebbero e dovrebbero essere garantiti dalle regioni attraverso i loro fondi (art. 14, legge 68). Alcune regioni timidamente li stanno attuando; molte altre latitano e probabilmente continueranno a farlo accampando ora la scusante dei contributi già previsti dal decreto lavoro.

Un’occasione persa, dunque e il decreto la perde anche alcune “antiche” questioni su fiscalità e lavoro, ambito di cui si occupa efficacemente per altre categorie, ma che dimentica la disabilità. Due temi per tutti: le borse lavoro, poche centinaia di euro al mese, continuano ad essere imponibili e tassabili diversamente da molte borse di studio o proventi per attività sportiva dilettantistica. Ancora: i limiti per perdere in diritto alla eventuale pensione di reversibilità sono molto compressi e aleatori nel caso una persona con grave disabilità possa intraprendere un percorso lavorativo. Due fattori che scoraggiano ulteriormente l’occupabilità spesso in modo definitivo.

Il decreto lavoro poi istituisce un Fondo (7 milioni) volto a garantire un contributo per ciascuna persona con disabilità di età compresa fra i 18 e i 35 anni assunta da organizzazioni di Terzo settore tra agosto 2022 e dicembre 2023. Non è precisato a quanto ammonti il contributo e le modalità di accesso. I criteri verranno definiti entro marzo 2024.

Al netto di queste incertezze, nel rispetto dei percorsi lavorativi di ognuno, preferiamo immaginare che l’occupabilità delle persone con disabilità sia incentivata nel mercato del lavoro ordinario, sia pubblico che privato. Spingere sulla loro assunzione in quelle stesse organizzazioni che si occupano dei loro diritti induce un fastidioso retropensiero di “riserva a parte”, di delega liberatoria che male si coniugano con principi di inclusione.

Il decreto lavoro istituisce anche un altro Fondo – quello per le attività socioeducative a favore dei minori – dotandolo di 60 milioni di euro, destinato a sostenere i Comuni per iniziative socio-educative rivolte ai minori. Anche in questo caso seguirà un decreto di riparto. Spiace notare come nel testo non vi sia nessun vincolo per le pari opportunità dei minori con disabilità.

Quanto invece al secondo provvedimento approvato in Consiglio dei Ministri, cioè lo schema di decreto legislativo che introduce norme relative alla riqualificazione dei servizi pubblici per l’inclusione e l’accessibilità” a ben vedere appare come la presa d’atto del fallimento di molte norme già vigenti proprio su quegli aspetti come su altri, presa d’atto che assolve da responsabilità pregresse. Al di là dell’effettiva efficacia delle misure introdotte che andranno valutate sulla distanza ma su cui nutriamo seri dubbi, viene da chiedersi il perché sulle disposizioni già esistenti si sia tollerata una diffusa e imperante elusione e perché questa non dovrebbe perpetuarsi ancora dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo.

16 maggio 2023